Il Lupo: La scheda
Sottordine:
Fissipedi
Famiglia:
Canidi
Genere:
Canis
Specie: Canis lupus L.
Il lupo appartiene alla famiglia dei Canidi,
carnivori simili ai cani.Tra i canidi il lupo è il più grande come
dimensioni: lunghezza tra i 110 e i 140 cm., altezza tra i 60 e gli 80 cm. Il
colore del suo mantello varia dall’età e dalle stagioni; generalmente
grigio-giallastro o marrone-rossiccio. Il lupo presenta una dentatura
caratterizzata da canini affilati, lunghi e ricurvi verso l’interno. Questo
animale raggiunge al massimo i 10 anni di vita in libertà e i
17 in cattività.
Il lupo è un animale notturno: gioca e si riposa
nelle ore diurne, mentre di notte pratica la caccia che avviene in branco.
L’alimentazione è connessa alla predazione di
animali domestici come: bovini, suini, caprini e di altri piccoli mammiferi e
di qualche uccello.
Il lupo vive in branco che si sviluppa intorno ad una coppia, la vita di branco è basata su regole gerarchiche con una predominanza del maschio sulla femmina e della femmina sui cuccioli. In genere nascono dai 4 ai 6 cuccioli alla volta e solo da una femmina la “capobranco”. L’allattamento dura circa 35 giorni e i cuccioli incominciano a cacciare insieme al branco dopo i 6 mesi, mentre la maturità sessuale viene raggiunta dopo 2 anni.
I lupi comunicano grazie all’ululato che ha anche
la funzione di coesione del branco e come segnale di delimitazione del
territorio.
L’habitat preferito dal
lupo è caratterizzato da aree forestali planiziali (di pianura), foreste
montane e radure.
Nella foto di destra si
riconosce la “luera” tipica trappola, anche delle nostre zone, costituita
da una buca profonda rivestita di sassi nel cui fondo i pastori e gli
alpigiani mettevano un agnello come richiamo. Il lupo una volta intrappolato
veniva ucciso. Di questo tipo di trappola si può ancora intravvedere nel VCO,
in particolare tra l’area entrata a far parte del Parco Nazionale della Val
Grande e la Valle Cannobina, qualche rudere; anche nella toponomastica (nomi
di luoghi, montagne, ecc.) sono rimasti riferimenti ben precisi. Spesso queste
trappole davano il nome a monti, zone, località.
Nel 1971 venne approvata
una legge che vietò la caccia del lupo e l’avvelenamento e lo inserì tra
le specie più protette. Dalle prime ricerche biotelemetriche (cattura di
alcuni esemplari che vennero muniti di radio-collare per seguirne gli
spostamenti a distanza) del 1975/1976, la situazione risultò grave per la
distribuzione della specie su piccole aree geografiche limitate al solo
Appennino centrale e meridionale, circa 100-120 esemplari. Partì così il
progetto “il lupo e l’operazione S. Francesco” ideato e attuato dal WWF;
collaborarono anche Enti pubblici,Università, Parchi Naturali, Assessorati e
Comunità montane, ma non si può dimenticare il principale coordinatore:
Luigi Boitani, docente dell’Università “La Sapienza di Roma” che annotò
tutte le sue esperienze in un bel libro di circa 20 anni fa, ma ancora molto
attuale.
Nel 1980, dai primi
censimenti, si contarono circa 200 individui, mentre alla fine degli anni
‘80 se ne censirono circa 300.
Oggi si parla di 500-600
lupi e la straordinaria novità è che hanno superato le “barriere
ecologiche” tra Appennino e Alpi.
Sono ormai molti gli avvistamenti sulle Alpi Marittime (Parco Alta Valle Pesio e Tanaro, Valle Stura) e nelle vallate montane della Provincia di Torino, senza dimenticare gli avvistamenti anche recenti nella vicina Svizzera, dove non scomparve mai del tutto. Molti nel nostro paese, probabilmente, non avranno mai modo e l’avventura di vedere un lupo in libertà. Chi invece ha più probabilità di vederlo, od almeno di "sentirne" la presenza forse si rallegrerà meno, perché il lupo delle favole diventa un predatore, forte, insidioso. Sconfitto nella competizione con la nostra specie, braccato, perseguitato, ridotto ad una sparuta pattuglia, il lupo ci lancia un’ultima sfida: convivere con lui e la scommessa che 60 milioni di italiani possano convivere con mezzo migliaio di lupi, non si
vince su questo terreno. Sarebbe semplice se fossero
sufficienti la superiorità numerica e la tecnologia. Occorre invece che vi
concorrano gli allevatori prendendo le misure necessarie, serve
un’amministrazione pubblica che sappia celermente incentivare queste misure
e indennizzare eventuali danni.
Occorre che coloro che "mitizzano" il lupo
parlino con quelli che lo "demonizzano": è bello sognare luoghi
selvaggi dove all’improvviso può apparire un lupo, ma dobbiamo sapere che
questi spazi sono ristretti ed il nostro paese è molto popolato. Oggi la
sfida del lupo è quella della convivenza, per vincerla abbiamo bisogno di
interventi concreti e di una cultura di rispetto e protezione.
Le principali cause di
estinzione del lupo sono:
Ø La
caccia condotta con ogni mezzo: fucili, bocconi avvelenati, tagliole e lacci.
Ø Diminuzione
dell’ambiente adatto e scomparsa dei grandi erbivori selvatici dei quali il
predatore si nutre preferibilmente.
Ø Competizione
per il cibo con cani selvatici e volpi.
Ø Invasione
umana degli ambienti una volta più inaccessibili.
Proposte per la protezione
Le
principali misure da prendere con urgenza per evitare l’estinzione del lupo
sono state studiate dall’èquipe del World Wildlife Fund (WWF) e sono le
seguenti:
Ø L’applicazione
rigida delle leggi che vietano la cattura,l’uccisione e la detenzione di
questi animali e l’impiego dei bocconi di carne avvelenata.
Ø La
creazione di “ristoranti”per i lupi negli ambienti più poveri di fauna
selvatica, in modo da evitare che essi aggrediscano il bestiame domestico.
Ø Istituzione
di fondi per il risarcimento dei danni provocati dai lupi ai greggi.
Ø Reintroduzione
dei Cervi, Camosci, Caprioli e Daini nelle zone adatte.
Ø Sensibilizzazione
delle popolazioni locali ai problemi del lupo in Italia.
Ø Lotta
ai Cani randagi e inselvatichiti.
Prima di andare ad esaminare la passata distribuzione
geografica del lupo nella nostra provincia, vecchia e nuova (Novarese e Verbano
Cusio Ossola) per tentare di ricostruire la cronologia dell’estinzione è
necessario fare alcune considerazioni sull’attendibilità delle fonti.
Purtroppo, gli inquinamenti dovuti al folklore ed alla fantasia popolare, il
diverso grado di competenza degli osservatori e la grande varietà di fonti
storiche rendono spesso difficile separare la realtà dalla leggenda,
soprattutto quando i fatti si sono svolti in epoche ormai lontane e di loro
restano poche testimonianze oggettive. Una delle più importanti fonti di
notizie sono i verbali che furono redatti dalle autorità dell’epoca in
occasione della cattura di lupi per la concessione di premi (che in taluni casi
raggiunsero l’equivalente della paga mensile di un maestro elementare), ma
secondo gli studiosi proprio l’elevato valore di queste ricompense potrebbe in
qualche misura avere incoraggiato i tentativi di frode (cane per lupo), per cui
è possibile che i dati disponibili non siano del tutto aderenti alla realtà.
Oltre alle popolazioni stabili presenti nella nostra regione, i numerosi valichi
alpini, le cacce ricorrenti a cui veniva sottoposto anche nei territori
limitrofi, gli eventi storici particolari e l’attitudine propria della specie
a percorrere grandi distanze diedero origine a movimenti erratici fornendo un
quadro alquanto dinamico della sua presenza. Anche le guerre influirono sugli
spostamenti di gruppi di lupi, come si può dedurre dalle note apposte dal
Bonelli, naturalista piemontese del secolo scorso, accanto alla data e alla
località di cattura di due esemplari. Egli riteneva che entrambi gli animali
fossero giunti dal nord al seguito dalle armate napoleoniche in ritirata, che
lasciavano sul terreno decine di morti ed ogni genere di rifiuti tra cui i lupi
trovavano una facile fonte di cibo. Tale ipotesi trova riscontro anche presso i
resoconti di altri naturalisti dell’epoca.
Le località in cui il lupo faceva sentire i suoi
ululati agli abitanti delle nostre zone sono:
Ø
VCO,
arco alpino del distretto Ossolano, comprendente le Valli Formazza, Devero,
Divedro e la bassa Valle dell’Ossola sino al Lago Maggiore e la Val Vigezzo ad
Est, che forma con il Canton Ticino un’unica vasta regione piuttosto omogenea
dal punto di vista ecologico.
Nel 1796 fu la Val Vigezzo a subire l’invasione di «una turba insolita di
lupi e di orsi» provenienti con tutta probabilità dal vicino Canton Ticino,
dove erano ancora presenti in gran numero. I danni subiti dal bestiame domestico
furono così gravi da spingere i «Consoli» a «fare una caccia generale alle
fiere montane» stabilendo un premio di «£. 25 a chi un lupo e di £. 35 a chi
un orso consegnasse vivi o morti». Nella regione alpina la specie sopravvisse
più a lungo. Nell’Ossola il lupo fu certamente ben rappresentato fino al
periodo intorno al 1850-1860. Negli anni successivi, in seguito alla caccia
spietata a cui fu sottoposto, la sua consistenza numerica decrebbe rapidamente
per estinguersi dapprima in Ossola ed in seguito nel vicino Canton Ticino, dove
l’ultima cattura risale al 1908. L’ultimo lupo della Val Grande fu ucciso
alla Colma di Belmello, da Pietro Benzi di Cicogna, “cacciatore dalle mille
risorse” tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. L’ultimo lupo in Val
d’Ossola fu “sparato” all’alpe Mazzuccher nel 1927, alle pendici del
Pizzo Camino. Il fatto ebbe grande risalto in tutta Italia, ed il giornale La
“Domenica del Corriere” vi dedicò una copertina: “Giuvanin dal luv”
divenne famoso. Recentemente i giornali locali hanno riportato la notizia
del ritrovamento in una discarica dell’ossola della carcassa di un lupo
impagliato, che, fortunatamente recuperato, pare sia stato preso in consegna
dalla Comunità Montana Valle Ossola per il suo restauro e successiva
esposizione in un museo. Si pensa sia il lupo del Giuvanin!
Ø
NOVARESE
E ZONE LIMITROFE,
proseguendo quindi nella pianura a nord troviamo la baraggia vercellese, che in
passato era ricoperta da un fittissimo ed impenetrabile sottobosco, sicuro
rifugio per la fauna selvatica, lupo compreso. Questa zona fa parte di un’area
più vasta che si estende fra Biella e Rovasenda a nord, il torrente Elvo a sud
e la campagna nei pressi di Novara a est, dove negli anni compresi fra il 1815
ed il 1820, secondo le cronache dell’epoca, i lupi compirono stragi fra gli
animali domestici. Il Prefetto di Vigevano con una lettera del 30/09/1815
indirizzata al sindaco di Garlasco ordinava l’uccisione dei lupi della Valle
del Ticino a seguito dello sbranamento di un ragazzo di 15 anni, avvenuto il
giorno precedente, nel territorio di Gambolò, mentre L’UFFICIO DELLA
“REGIA INTENDENZA GENERALE DELLE PROVINCIE DI NOVARA E VIGEVANO” con lettera
del 14/09/1816 dava disposizioni alle “Amministrazioni delle Città e Comunità”
affinché si provvedesse a: “Nella circostanza che non pochi paesi de’
Regj Stati sono infestati da lupi di una specie particolare, e di una
straordinaria ferocia detti di montagna, o della Svizzera, i quali
divorano le persone, e specialmente i ragazzi che conducono il bestiame al
pascolo, S.M. cui venne reso un conto particolaredelli disgraziati accidenti
recentemente occorsi, volendo incoraggiare i Cacciatori ed i Contadini a tentare
la pronta distruzione di simili feroci bestie, si è degnata di accordare il
premio di Fr. 200 per l’uccisione di caduno degli accennati lupi. …”
Ø
Con tutta
probabilità furono le Colline del Po che videro per prime la scomparsa del
lupo, collocabile intorno alla metà del Settecento e dovuta principalmente
all’uso di esche avvelenate. Da un documento dell’archivio comunale di Pino
Torinese risulta che nel 1732 fu acquistata «una vacca per quella attossicare e
con quella avvelenare li luppi» - la spesa fu di «lire 14 per la vacca e di
lire 6 e 10 soldi per il tossico».
Seguirono poi nel 1820-1830 le aree di pianura, con la baraggia vercellese, il
novarese ed i dintorni di Torino. È interessante ricordare che in
quest’ultima zona era presente una vasta riserva di caccia ad uso esclusivo
dei regnanti di Casa Savoia.
Ø
Sono poi
state riportate notizie di catture o di segnalazioni ancora per gli anni 1928,
1934, 1938, 1951 e 1964 in varie località dell’arco alpino. Se fossero
veramente attendibili, queste informazioni assumerebbero un’importanza
notevolissima per attestare la possibilità tuttora attuale, nonostante le
mutate condizioni ambientali, di un possibile ritorno spontaneo di questo
splendido predatore nella nostra regione.
BIBLIOGRAFIA:
REGIONE
PIEMONTE - Piemonte Parchi – bimestrale di informazione e divulgazione
naturalistica – numeri vari – Esperti: LUIGI BOITANI, MICHELE OTTINO, ELIO
PULZONI, VITO MAZZARONE, RICCARDO BRUNETTI,
GIANNO
OPPI, ALBERTO MAFFIOTTI, CRISTINA DEL CORSO, MARCO APOLLONIO, RONNI BESSI.
FRANCESCO
PETRETTI – Animali in pericolo di estinzione – Musumeci Editore – Aosta
1980 – pagg. 24, 25.
GIUSEPPE
BOGLIANI/VITTORIO PIEGAZZINI – Parco del Ticino – Musumeci Editore – Aosta
1980 – pagg. 62, 64,65.
TERESIO
VALSESIA – Val Grande ultimo paradiso – Alberti Libraio Editore-Intra 1985
– pagg. 87, 88.