Il ritorno del lupo

                                          

"Il lupo in Italia e nel VCO"

 

 

 

 

 

Lupo della Mongolia

                  

Il Lupo: La scheda

 

 


Lupo adulto

Classe: Mammiferi              

Ordine: Carnivori

Sottordine: Fissipedi

Famiglia: Canidi

Genere: Canis

Specie: Canis lupus L.     


  « ...la sorte di questo carnivoro era comunque già segnata; la riduzione delle foreste, la scomparsa dei grossi erbivori e l’aumento della popolazione umana non gli avrebbero lasciato molto spazio... »

Bogliani/Pigazzini – Parco del Ticino – Musumeci - 1980

  

Caratteristiche

Il lupo appartiene alla famiglia dei Canidi, carnivori simili ai cani.Tra i canidi il lupo è il più grande come dimensioni: lunghezza tra i 110 e i 140 cm., altezza tra i 60 e gli 80 cm. Il colore del suo mantello varia dall’età e dalle stagioni; generalmente grigio-giallastro o marrone-rossiccio. Il lupo presenta una dentatura caratterizzata da canini affilati, lunghi e ricurvi verso l’interno. Questo animale raggiunge al massimo i 10 anni di vita in libertà e i  17 in cattività.

 

Biologia

Il lupo è un animale notturno: gioca e si riposa nelle ore diurne, mentre di notte pratica la caccia che avviene in branco.

L’alimentazione è connessa alla predazione di animali domestici come: bovini, suini, caprini e di altri piccoli mammiferi e di qualche uccello.

Il lupo vive in branco che si sviluppa intorno ad una coppia, la vita di branco è basata su regole gerarchiche con una predominanza del maschio sulla femmina e della femmina sui cuccioli. In genere nascono dai 4 ai 6 cuccioli alla volta e solo da una femmina la “capobranco”. L’allattamento dura circa 35 giorni e i cuccioli incominciano a cacciare insieme al branco dopo i 6 mesi, mentre la maturità sessuale viene raggiunta dopo 2 anni.


Una cartolina del Parco Nazionale d'Abruzzo

I lupi comunicano grazie all’ululato che ha anche la funzione di coesione del branco e come segnale di delimitazione del territorio.


 

Habitat

L’habitat preferito dal lupo è caratterizzato da aree forestali planiziali (di pianura), foreste montane e radure.

 


Nella foto di destra si riconosce la “luera” tipica trappola, anche delle nostre zone, costituita da una buca profonda rivestita di sassi nel cui fondo i pastori e gli alpigiani mettevano un agnello come richiamo. Il lupo una volta intrappolato veniva ucciso. Di questo tipo di trappola si può ancora intravvedere nel VCO, in particolare tra l’area entrata a far parte del Parco Nazionale della Val Grande e la Valle Cannobina, qualche rudere; anche nella toponomastica (nomi di luoghi, montagne, ecc.) sono rimasti riferimenti ben precisi. Spesso queste trappole davano il nome a monti, zone, località.

 

Buca del lupo di Pontey


Le tappe della protezione del lupo

 

Fino a cento anni fa il lupo era tra i mammiferi più diffusi.

 

Alla fine degli anni ’60 il lupo era ancora considerato una specie cacciabile, anche se incominciarono a verificarsi i primi allarmi.

Nel 1971 venne approvata una legge che vietò la caccia del lupo e l’avvelenamento e lo inserì tra le specie più protette. Dalle prime ricerche biotelemetriche (cattura di alcuni esemplari che vennero muniti di radio-collare per seguirne gli spostamenti a distanza) del 1975/1976, la situazione risultò grave per la distribuzione della specie su piccole aree geografiche limitate al solo Appennino centrale e meridionale, circa 100-120 esemplari. Partì così il progetto “il lupo e l’operazione S. Francesco” ideato e attuato dal WWF; collaborarono anche Enti pubblici,Università, Parchi Naturali, Assessorati e Comunità montane, ma non si può dimenticare il principale coordinatore: Luigi Boitani, docente dell’Università “La Sapienza di Roma” che annotò tutte le sue esperienze in un bel libro di circa 20 anni fa, ma ancora molto attuale.

Nel 1980, dai primi censimenti, si contarono circa 200 individui, mentre alla fine degli anni ‘80 se ne censirono circa 300.

Oggi si parla di 500-600 lupi e la straordinaria novità è che hanno superato le “barriere ecologiche” tra Appennino e Alpi.

            

Il ritorno del lupo

 

Sono ormai molti gli avvistamenti sulle Alpi Marittime (Parco Alta Valle Pesio e Tanaro, Valle Stura) e nelle vallate montane della Provincia di Torino, senza dimenticare gli avvistamenti anche recenti nella vicina Svizzera, dove non scomparve mai del tutto. Molti nel nostro paese,  probabilmente, non avranno mai modo e l’avventura di vedere un lupo in libertà. Chi invece ha più probabilità di vederlo, od almeno di "sentirne" la presenza forse si rallegrerà meno, perché il lupo delle favole diventa un predatore, forte, insidioso. Sconfitto nella competizione con la nostra specie, braccato, perseguitato, ridotto ad una sparuta pattuglia, il lupo ci lancia un’ultima sfida: convivere con lui e la scommessa che 60 milioni di italiani possano convivere con mezzo migliaio di lupi, non si


vince su questo terreno. Sarebbe semplice se fossero sufficienti la superiorità numerica e la tecnologia. Occorre invece che vi concorrano gli allevatori prendendo le misure necessarie, serve un’amministrazione pubblica che sappia celermente incentivare queste misure e indennizzare eventuali danni.

Occorre che coloro che "mitizzano" il lupo parlino con quelli che lo "demonizzano": è bello sognare luoghi selvaggi dove all’improvviso può apparire un lupo, ma dobbiamo sapere che questi spazi sono ristretti ed il nostro paese è molto popolato. Oggi la sfida del lupo è quella della convivenza, per vincerla abbiamo bisogno di interventi concreti e di una cultura di rispetto e protezione.

       

Lupo che ulula


 

 Cause di estinzione

 

Le principali cause di estinzione del lupo sono:

 

Ø   La caccia condotta con ogni mezzo: fucili, bocconi avvelenati, tagliole e lacci.

Ø   Diminuzione dell’ambiente adatto e scomparsa dei grandi erbivori selvatici dei quali il predatore si nutre preferibilmente.

Ø   Competizione per il cibo con cani selvatici e volpi.

Ø   Invasione umana degli ambienti una volta più inaccessibili.

 

 Proposte per la protezione

 

Le principali misure da prendere con urgenza per evitare l’estinzione del lupo sono state studiate dall’èquipe del World Wildlife Fund (WWF) e sono le seguenti:

Ø   L’applicazione rigida delle leggi che vietano la cattura,l’uccisione e la detenzione di questi animali e l’impiego dei bocconi di carne avvelenata.

Ø   La creazione di “ristoranti”per i lupi negli ambienti più poveri di fauna selvatica, in modo da evitare che essi aggrediscano il bestiame domestico.

Ø   Istituzione di fondi per il risarcimento dei danni provocati dai lupi ai greggi.

Ø   Reintroduzione dei Cervi, Camosci, Caprioli e Daini nelle zone adatte.

Ø   Sensibilizzazione delle popolazioni locali ai problemi del lupo in Italia.

Ø   Lotta ai Cani randagi e inselvatichiti.  

  

Immagine lupo    Muso lupo

 

 

Il lupo nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola

 

Prima di andare ad esaminare la passata distribuzione geografica del lupo nella nostra provincia, vecchia e nuova (Novarese e Verbano Cusio Ossola) per tentare di ricostruire la cronologia dell’estinzione è necessario fare alcune considerazioni sull’attendibilità delle fonti. Purtroppo, gli inquinamenti dovuti al folklore ed alla fantasia popolare, il diverso grado di competenza degli osservatori e la grande varietà di fonti storiche rendono spesso difficile separare la realtà dalla leggenda, soprattutto quando i fatti si sono svolti in epoche ormai lontane e di loro restano poche testimonianze oggettive. Una delle più importanti fonti di notizie sono i verbali che furono redatti dalle autorità dell’epoca in occasione della cattura di lupi per la concessione di premi (che in taluni casi raggiunsero l’equivalente della paga mensile di un maestro elementare), ma secondo gli studiosi proprio l’elevato valore di queste ricompense potrebbe in qualche misura avere incoraggiato i tentativi di frode (cane per lupo), per cui è possibile che i dati disponibili non siano del tutto aderenti alla realtà. Oltre alle popolazioni stabili presenti nella nostra regione, i numerosi valichi alpini, le cacce ricorrenti a cui veniva sottoposto anche nei territori limitrofi, gli eventi storici particolari e l’attitudine propria della specie a percorrere grandi distanze diedero origine a movimenti erratici fornendo un quadro alquanto dinamico della sua presenza. Anche le guerre influirono sugli spostamenti di gruppi di lupi, come si può dedurre dalle note apposte dal Bonelli, naturalista piemontese del secolo scorso, accanto alla data e alla località di cattura di due esemplari. Egli riteneva che entrambi gli animali fossero giunti dal nord al seguito dalle armate napoleoniche in ritirata, che lasciavano sul terreno decine di morti ed ogni genere di rifiuti tra cui i lupi trovavano una facile fonte di cibo. Tale ipotesi trova riscontro anche presso i resoconti di altri naturalisti dell’epoca.

 

Le località in cui il lupo faceva sentire i suoi ululati agli abitanti delle nostre zone sono:

 

Ø   VCO, arco alpino del distretto Ossolano, comprendente le Valli Formazza, Devero, Divedro e la bassa Valle dell’Ossola sino al Lago Maggiore e la Val Vigezzo ad Est, che forma con il Canton Ticino un’unica vasta regione piuttosto omogenea dal punto di vista ecologico.
Nel 1796 fu la Val Vigezzo a subire l’invasione di «una turba insolita di lupi e di orsi» provenienti con tutta probabilità dal vicino Canton Ticino, dove erano ancora presenti in gran numero. I danni subiti dal bestiame domestico furono così gravi da spingere i «Consoli» a «fare una caccia generale alle fiere montane» stabilendo un premio di «£. 25 a chi un lupo e di £. 35 a chi un orso consegnasse vivi o morti». Nella regione alpina la specie sopravvisse più a lungo. Nell’Ossola il lupo fu certamente ben rappresentato fino al periodo intorno al 1850-1860. Negli anni successivi, in seguito alla caccia spietata a cui fu sottoposto, la sua consistenza numerica decrebbe rapidamente per estinguersi dapprima in Ossola ed in seguito nel vicino Canton Ticino, dove l’ultima cattura risale al 1908. L’ultimo lupo della Val Grande fu ucciso alla Colma di Belmello, da Pietro Benzi di Cicogna, “cacciatore dalle mille risorse” tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. L’ultimo lupo in Val d’Ossola fu “sparato” all’alpe Mazzuccher nel 1927, alle pendici del Pizzo Camino. Il fatto ebbe grande risalto in tutta Italia, ed il giornale La “Domenica del Corriere” vi dedicò una copertina: “Giuvanin dal luv” divenne famoso. Recentemente i giornali locali hanno riportato la notizia del ritrovamento in una discarica dell’ossola della carcassa di un lupo impagliato, che, fortunatamente recuperato, pare sia stato preso in consegna dalla Comunità Montana Valle Ossola per il suo restauro e successiva esposizione in un museo. Si pensa sia il lupo del Giuvanin!

 

Ø   NOVARESE E ZONE LIMITROFE, proseguendo quindi nella pianura a nord troviamo la baraggia vercellese, che in passato era ricoperta da un fittissimo ed impenetrabile sottobosco, sicuro rifugio per la fauna selvatica, lupo compreso. Questa zona fa parte di un’area più vasta che si estende fra Biella e Rovasenda a nord, il torrente Elvo a sud e la campagna nei pressi di Novara a est, dove negli anni compresi fra il 1815 ed il 1820, secondo le cronache dell’epoca, i lupi compirono stragi fra gli animali domestici. Il Prefetto di Vigevano con una lettera del 30/09/1815 indirizzata al sindaco di Garlasco ordinava l’uccisione dei lupi della Valle del Ticino a seguito dello sbranamento di un ragazzo di 15 anni, avvenuto il giorno precedente, nel territorio di Gambolò, mentre L’UFFICIO DELLA “REGIA INTENDENZA GENERALE DELLE PROVINCIE DI NOVARA E VIGEVANO” con lettera del 14/09/1816 dava disposizioni alle “Amministrazioni delle Città e Comunità” affinché si provvedesse a: “Nella circostanza che non pochi paesi de’ Regj Stati sono infestati da lupi di una specie particolare, e di una straordinaria ferocia detti di montagna, o della Svizzera, i quali divorano le persone, e specialmente i ragazzi che conducono il bestiame al pascolo, S.M. cui venne reso un conto particolaredelli disgraziati accidenti recentemente occorsi, volendo incoraggiare i Cacciatori ed i Contadini a tentare la pronta distruzione di simili feroci bestie, si è degnata di accordare il premio di Fr. 200 per l’uccisione di caduno degli accennati lupi.  …”

 

Ø   Con tutta probabilità furono le Colline del Po che videro per prime la scomparsa del lupo, collocabile intorno alla metà del Settecento e dovuta principalmente all’uso di esche avvelenate. Da un documento dell’archivio comunale di Pino Torinese risulta che nel 1732 fu acquistata «una vacca per quella attossicare e con quella avvelenare li luppi» - la spesa fu di «lire 14 per la vacca e di lire 6 e 10 soldi per il tossico».
Seguirono poi nel 1820-1830 le aree di pianura, con la baraggia vercellese, il novarese ed i dintorni di Torino. È interessante ricordare che in quest’ultima zona era presente una vasta riserva di caccia ad uso esclusivo dei regnanti di Casa Savoia.

 

Ø   Sono poi state riportate notizie di catture o di segnalazioni ancora per gli anni 1928, 1934, 1938, 1951 e 1964 in varie località dell’arco alpino. Se fossero veramente attendibili, queste informazioni assumerebbero un’importanza notevolissima per attestare la possibilità tuttora attuale, nonostante le mutate condizioni ambientali, di un possibile ritorno spontaneo di questo splendido predatore nella nostra regione.

 

Lupo nel 1921

BIBLIOGRAFIA:

REGIONE PIEMONTE - Piemonte Parchi – bimestrale di informazione e divulgazione naturalistica – numeri vari – Esperti: LUIGI BOITANI, MICHELE OTTINO, ELIO PULZONI, VITO MAZZARONE, RICCARDO BRUNETTI,

GIANNO OPPI, ALBERTO MAFFIOTTI, CRISTINA DEL CORSO, MARCO APOLLONIO, RONNI BESSI.

 

FRANCESCO PETRETTI – Animali in pericolo di estinzione – Musumeci Editore – Aosta 1980 – pagg. 24, 25.

 

GIUSEPPE BOGLIANI/VITTORIO PIEGAZZINI – Parco del Ticino – Musumeci Editore – Aosta 1980 – pagg. 62, 64,65.

 

TERESIO VALSESIA – Val Grande ultimo paradiso – Alberti Libraio Editore-Intra 1985 – pagg. 87, 88.